Le sale
A completamento della visita al Museo, le affascinanti Sale storiche, per un autentico viaggio nel tempo, partendo dal Cinquecento per arrivare ai nostri giorni.
Sala delle Maschere.
Un tesoro nuziale nascosto per più di un secolo.
Questa sala ha una storia molto particolare.
Prende il nome dallo stupendo soffitto dipinto a trabeazioni, risalente al 1547 e restaurato nel 1960, impreziosito da 156 “maschere” – nome dato dagli studiosi alla riproduzione di volti, stemmi araldici, allegorie.
Il soffitto venne fatto costruire e decorare dall’allora proprietario del Castello Pietrino Belli, noto giurista e diplomatico albese, a ricordo perenne delle sue nozze con la amata, la nobildonna Giulia Damiani.
Blasoni, ritratti e fantastiche creature, un vero spettacolo per gli occhi.
Tra le varie maschere sono riconoscibili i blasoni delle famiglie dei due sposi, il toro rosso in campo bianco per i Belli e una piccola stella argentata ad otto punte ripetuta più volte per i Damiani.
Un altro gruppo di formelle rappresenta ritratti maschili e femminili, probabilmente i membri delle due famiglie. Molteplici le tavolette con bambini, simbolo dell’amore, intenti a suonare vari strumenti musicali, come la cornamusa, il tamburo, il flauto, la viola e il liuto. Vi sono anche molte allegorie, con varie rappresentazioni di animali: ad esempio il cane come simbolo di fedeltà, il leone come simbolo del coraggio e vari altri.
Abbiamo rischiato
di non vedere mai questa opera d’arte
… per colpa di Cavour.
Ai tempi di Cavour, la sala delle Maschere era adibita a sua personale zona abitativa, divisa in due ambienti: uno occupato dallo studio, l’altro dalla camera da letto. Poiché l’inverno è molto rigido, da queste parti, il Conte decise di fare abbassare la volta, per mantenere meglio il calore, ordinando la costruzione di una controsoffittatura di canne e gesso. In questo modo il prezioso soffitto cinquecentesco venne coperto e celato fino al 1960 quando, durante i lavori di restauro del castello, la controsoffittatura venne staccata e, con enorme sorpresa, si scoprì lo spettacolare soffitto dipinto!
La Sala delle Maschere è visitabile e aperta al pubblico. Viene usata anche come sala consiliare del comune di Grinzane, in cui hanno luogo anche i matrimoni, come sala congressi e per gli eventi.
Qui, ogni anno, durante la seconda domenica del mese di novembre, ha luogo l’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba, collegata via satellite con alcune grandi città europee ed extraeuropee, come Londra, Parigi, Mosca, New York, Los Angeles, Hong Kong. Si tratta di un evento di portata mondiale con finalità benefiche: buona parte dei fondi raccolti è sono devoluta in beneficenza, per sostenere cause etiche o ricerche scientifiche.
Questa sala è oggi sede dei Capitoli dell’Ordine dei Cavalieri del Tartufo e dei Vini d’Alba, confraternita enogastronomica fondata nel 1967, finalizzata alla tutela e al rilancio di usi, costumi e tradizioni locali, con un’attenzione particolare alla cucina e ai grandi vini di questa terra.
Sala degli Affreschi.
Dal rococò dei Gonzaga al consumo di vino consapevole.
La Sala degli Affreschi si compone di tre campate caratterizzate da volte a crociera, affrescate in larga parte da trasposizioni di pitture cinquecentesche, riconducibili allo stile di Giulio Romano, allievo del grande Raffaello. L’artista operò in qualità di pittore e di architetto alla corte dei Gonzaga, duchi di Mantova, sotto la cui la Signoria il territorio di Alba e Grinzane restò fino al 1630. Per questo motivo ci sono profonde analogie tra alcune sale di Palazzo The, in particolare la Sala di Psiche e la Sala delle Aquile affrescate dal Romano, e gli affreschi del Castello di Grinzane.
In passato ambiente di frequentazioni signorili, la sala è oggi sede della mostra permanente “Vino e salute”, organizzata dall’Osservatorio Vino e salute, che evidenzia sotto il profilo tecnico e scientifico, e attraverso un percorso affascinante, le correlazioni positive che intercorrono tra un consumo moderato e consapevole del vino e la salute.
Sala del Tartufo Bianco d’Alba.
Trifolao e tabui, per Giove!
Sulla tenda-sipario che cela questa piccola sala – in cui trova spazio la ricostruzione di un bosco, nel quale immergersi insieme al trifolau, il cercatore di tartufi, e al suo tabui, il fedele cane addestrato – è raffigurata la rappresentazione mitologica della nascita del più prezioso tra i frutti della terra, narrata dal poeta Giovenale: per il mito, a dar vita al prezioso fungo ipogeo sarebbe stato Giove, scagliando un fulmine accanto a una quercia, dalla quale sarebbe nato il primo esemplare di tartufo.
Questo spazio è dedicato al Tuber magnatum Pico, il Tartufo Bianco d’Alba, una delle espressioni più elevate della cucina italiana e internazionale, conosciuto e apprezzato sin dall’antichità e protagonista ogni anno della celebre Fiera dedicata a esso dal 1928, anno in cui il lungimirante ristoratore albese Giacomo Morra diede vita alla prima edizione.
Ad arricchire il percorso museale, oltrepassata questa sala, potrai leggere le etichette della ricca raccolta di bottiglie di vini rossi e bianchi locali, scoprendo le informazioni relative al vitigno, al colore e al sapore del vino, alle aree di produzione, agli anni di invecchiamento e agli abbinamenti consigliati con il cibo. A impreziosire il tutto, due splendide anfore vinarie di epoca romana, utilizzate per il trasporto del vino sulle navi, rinvenute a Pollentia (l’attuale Pollenzo).